Riviera di Ulisse Minturno

Minturno




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  • La Città

    Posta su un colle dominante le frazioni marinare di Scauri, l’antica Pyrae, e Marina di Minturno, la città ha origini antichissime, aurunche e romane. Il suo abitato si estendeva sul bordo del fiume Garigliano, che segna il confine tra la Provincia di Latina ed il Lazio, con la Provincia di Caserta e la Campania, attraversato dall’antico ponte a catene edificato dai Borboni nel 1828 e completamente restaurato. In quest’area sorge uno dei principali complessi archeologici del Lazio: Minturnae, un’area dal grandissimo valore storico-monumentale, ricca come è di vestigia ed opere: il Teatro, sede di un ricco calendario di rappresentazioni estive e con una capienza di 2.500 posti, i templi, il foro repubblicano, il foro imperiale, il capitolium, le tabernae, il macellum e l’antiquarium, l’impianto termale. Nei pressi dell’area archeologica si trova il cimitero militare del Commonwealth, ricordo delle battaglie del secondo conflitto mondiale. Minturno è terra legata alle tradizioni ed alla storia; ne sono testimonianza il centro medievale, il castello baronale, le chiese Collegiata di S. Pietro (a tre navate divise da colonne romane, della Santissima Annunziata e di S. Francesco, e l’usanza, non ancora del tutto abbandonata dalle donne più anziane di indossare il costume della pacchiana. A Minturno, ogni anno, si rinnova nella Sagra delle Regne, una tradizione antica, nella quale il grano, raccolto e battuto nella piazza dai “vigilatori”, viene offerto perché se ne faccia pane per i poveri. La festa è rallegrata da canti, balli e gruppi folkloristici. Come detto, il territorio marittimo è costituito dalle due frazioni di Scauri e di Marina di Minturno, le cui spiagge di sabbia finissima si stendono tra i promontori di Monte d’Argento e Monte d’Oro, con la torre che domina la suggestiva spiaggia dei sassolini e che fa parte dell’area protetta di Giànola-Monte di Scauri con l’omonima Oasi Blu, all’interno del Parco Regionale Riviera di Ulisse. In quest’area sono disponibili un porticciolo turistico e numerosi pontili galleggianti.

  • Territori e Frazioni

    Il nome Minturnae, secondo alcuni studiosi, si fa risalire a Minothauros, dio cretese, e quindi ricondotto alla dominazione dei Greci sul Mediterraneo e sull’Italia meridionale. Secondo alcuni, invece, il nome Minturno nella radice (mant-, ment-, mint-) e nel suffisso (-rno) rileva una indubbia origine tirrenica o preariana (G. Tommasino, Aurunci Patres). Anche storici locali hanno cercato di ricostruire l’etimo di Minturno: si suppone che il nome sia etrusco e che derivi da Mintur (sole bruciante) oppure che Minturno sarebbe la contrazione dell’ebreo Menath-ur (pars ignis) identico al Minotauro di Creta, isola vulcanica per eccellenza (A. De Santis, Saggi di Toponomastica Minturnese e della regione Aurunca).
    Il comune comprende, oltre alla città di Minturno, le frazioni di:
    Marina di Minturno
    È una frazione balneare, nel suo territorio ricadono i resti della città antica di Minturnae, in prossimità del fiume Garigliano. Il sito di Monte d’Argento, occupato fin dall’epoca protostorica, ospitò, nel periodo romano, un sacello dedicato a Silvano. Nelle età altomedievale e medievale, sull’altura, si impiantò un castrum (castello), sede di una delle contee in cui fu diviso il Ducato gaetano. L’insediamento fortificato si articolò intorno ad un edificio di culto a pianta basilicale che la tradizione collega alla sepoltura di Santa Reparata, martire orientale associabile all’altro culto locale, quello di Sant’Albina. La Parrocchia della località balneare è dedicata a San Biagio. Molto sentita è la ricorrenza della Madonna del Carmine, in programma la domenica successiva al 16 luglio. È affiancata dalla Festa della Pacchiana, omaggio al costume tipico locale, premiato come “il più bello d’Italia” nel 1930, in occasione delle nozze di Maria José ed Umberto di Savoia.
    Tufo
    Prende il nome dal costone tufaceo su cui sorge. Al centro dell'abitato è situata la Chiesa Parrocchiale di San Leonardo Abate (XVI secolo) che ha subìto, nel tempo, varie trasformazioni. L'edificio è a navata unica ed annovera un transetto ed un altare con marmi policromi, montato nella prima metà dell'Ottocento. La Festa in onore del Santo Patrono, san Leonardo, è il 6 Novembre. A Tufo ha sede anche il gruppo Sbandieratori dei Casali, che nella prima settimana d'agosto organizza la manifestazione Rassegna Folklorica
    Tremensuoli
    Frazione collinare che domina il litorale di Scauri. Secondo una balorda etimologia popolare, tre Francesi (tre "monsieurs"), invitati dalla dolcezza e piacevolezza del luogo, costruirono sulla collina le prime abitazioni. Si pensa anche che il nome derivi da "tres montes" o "tres montoli", ossia paese circondato da tre colline o situato tra tre colline: Monte Rotondo, Monte Belvedere e il colle dove sorge Tremensuoli, sulla cui cima si trova Capo Trivio. La zona "Le grotte" prende il nome dai ruderi di una costruzione romana. Tremensuoli è menzionata in un atto del X secolo, inserito nel Codex diplomaticus cajetanus. Da segnalare la Chiesa Parrocchiale di San Nicandro Martire, risalente al XVI secolo: è a croce greca, con decorazioni a stucco e volte a botte lunettate, che sono state cancellate in un recente restauro. Vi si conservano statue lignee del XIX secolo che raffigurano i Patroni dell'antico borgo collinare: San Nicandro, festeggiato nel secondo fine settimana di agosto, e San Sebastiano. Un'altra Chiesa è dedicata al Sacro Cuore di Gesù. Un apposito sito riunisce notizie storiche, ricordi e novità sulla frazione.
    Santa Maria Infante
    Il centro collinare di Santa Maria Infante prende il nome dall'omonima Chiesa, la quale ha assunto varie denominazioni nel tempo (Santa Maria de Olifano, Santa Maria dello Lévano, Santa Maria dell’Elefante). L'edificio del XVII secolo fu ricostruito nel secondo dopoguerra, seguendo linee architettoniche moderne. Nella chiesa è conservata un quadro della Madonna delle Grazie con Santi, opera di Sebastiano Conca. La Festa di Maria Bambina si tiene nella prima settimana di settembre.

    La frazione di Pulcherini deriva il proprio nome dal "Casale Porcarinorum", segnalato anche come "Villa Polcareni" nel 1447. Annovera la Chiesa di San Giuseppe (XVIII secolo). La Festa in suo onore si svolge il 19 marzo. Dal 1967, nel borgo, il Venerdì Santo si svolge una suggestiva rievocazione della Passione di Cristo.

  • Cenni Storici

    Posta all'estremo confine meridionale del Lazio, sulla sponda destra del fiume Garigliano, Minturno occupò, sin dalla sua origine, un sito strategicamente e militarmente importante per la sua posizione geografica, quasi alla foce del citato fiume, in un punto di sbocco delle strade che discendono dai monti della Ciociaria. La città controllava il passaggio del fiume che permetteva l'accesso alla Campania e disponeva di un importante porto che serviva le città della zona valliva e montana e che, in età imperiale romana, commerciava con località anche lontanissime.
    Città aurunca con Vescia, Ausona, Sinuessa e Sessa, Minturnae ebbe una posizione di rilievo nell'organizzazione della pentapoli aurunca. Dell'esistenza di una città preromana sul sito abbiamo notizia dalle fonti romane, che cominciarono ad occuparsi della città e della popolazione quando i romani entrarono in conflitto con essa fino a distruggerla completamente. Successivamente essa fu ricostruita con la deduzione di una colonia nel 295 a.C. e con altri due successivi invii di coloni, in età di Cesare e di Augusto. Come centro romano la città ebbe una notevole importanza e visse, con alterne vicende, fino al VI secolo. Essa fu abbandonata solo intorno al 580 d.C. per una serie di motivi, tra i quali la sua vulnerabilità (posta come era in pianura, alla foce di un fiume navigabile), dopo che era stato perduto il controllo del sistema montano aurunco, nonché per l'estendersi della palude e del bosco fittissimo.
    La colonia aveva nel suo assetto originario un’estensione ridotta, sull’area adiacente al fiume; ma già nel corso del III sec. a.C. ebbe un notevole sviluppo urbano, in direzione Ovest ancora sulla via Appia, dove i nuovi quartieri furono anch’essi cinti di mura. Della città romana restano numerose testimonianze, raccolte anche nel Museo locale. L’area archeologica ha ingresso nella zona del grande teatro, il monumento più notevole della città, che insiste sulla via Appia e sul Foro repubblicano con i suoi portici. La parte occidentale della stessa area è occupata da un importante tempio tuscanico dedicato a Giove, il Capitolium della colonia, del quale restano in pratica solo le fondazioni. Il vicino pozzo rituale, un bidental, è uno dei rari documenti noti di un rito di fulgur conditum, del seppellimento rituale di oggetti colpiti da fulmini, e testimonia che quel destino toccò, e ben due volte, il tempio di Giove. Di importanza eccezionale il santuario extraurbano della dea Marica, la dea aurunca del "mare", sul Garigliano a m 400 dal porto della città antica: noto dalle fonti e scavato nel 1926, affiancato da un secondo tempio dedicato ad Afrodite.
    A giudicare dal ricchissimo e numeroso materiale archeologico, soprattutto scultoreo, questa città dovette godere di una notevole agiatezza economica: la presenza di un teatro e di un anfiteatro, solitamente ricchi di statue, giustificano il così largo rinvenimento di sculture in questa città: una ricca collezione di statue è oggi al Museo nazionale di Zagabria, circa 160, più modesto il numero di opere concesso all'Università di Pennsylvenia come quota parte per gli scavi effettuati nel 1931-33; un centinaio quelle trasferite al Museo Nazionale di Napoli.
    Degni di menzione, infine, i materiali scultorei presso il Museo istituito nel 1965 nell'area archeologica: l'esposizione è collocata nei due ambulacri del teatro, recuperati per questo scopo.
    Gli scavi effettuati fino ad oggi interessano solo un porzione dell'antica Minturnae: restano da scavare la città ausona e la città repubblicano-imperiale, con la cinta muraria e gli edifici residenziali pubblici, nonché l'anfiteatro.
    Venendo da Formia è visibile l’imponente acquedotto Vespasiano con una lunga teoria di archi possenti che si perde nella campagna per giungere, dopo un percorso di 11 km, alle sorgenti di Capodacqua. Le strutture murarie delle arcate, che in alcuni punti raggiungono un'altezza notevole, sono in opera reticolata costituita da piccoli parallelepipedi in tufo grigio.
    Sul vicino fiume Garigliano si può ammirare il restaurato Ponte Borbonico sospeso su catene di ferro, primo esempio in Italia progettato da Luigi Giura e inaugurato nel 1832. Il ponte Ferdinandeo (dal nome del re borbone) venne iniziato nel 1826 e terminò nel 1832. Si tratta di un ponte a catenaria semplice, una vera sfida per il tempo. In pratica, all'altezza delle due rive si alzano due alte colonne in pietra che fanno da sostegno per un lungo tirante che, dal terreno retrostante, si erge, passa per la sommità della colonna, scendendo verso il centro del fiume, risale fino alla cima della seconda colonna e si interra definitivamente sull'altra sponda. Saldate a tale sostegno sono poste delle catene di ferro che fungono da tiranti per il pianale stradale sospeso. A ”guardia” del ponte due coppie di sfingi. Distrutto nella seconda guerra mondiale è stato da poco restaurato. Sulla riva sinistra presso la foce del fiume una torre alta 25 metri fu edificata nella seconda metà del sec. X dal principe Pandolfo Capodiferro, come opera di difesa e per celebrare la vittoria contro i saraceni. Prima della seconda guerra mondiale, in questa struttura, l'allora ministro della pubblica istruzione Pietro Fedele aveva allestito un museo di reperti antichi di valore notevole, ma la torre è stata distrutta nel 1943 dai tedeschi in ritirata.
    Caio Mario, com'è noto, nel corso della guerra civile fuggì da Roma, occupata da Silla che lo aveva dichiarato nemico pubblico. Tentò quindi di raggiungere l'Africa, dove contava di riorganizzare la sua azione. Potendo disporre a Minturno di aiuti fidati, decise di farvi sosta (88 a.C.), trovandovi però, pronti a catturarlo, anche i fautori del partito avverso. Secondo la tradizione uno schiavo fu incaricato di ucciderlo. L 'uomo fu accolto con fermezza da Mario e fuggì appena questi pronunciò la frase “Osi tu uccidere Caio Mario?”. Scossi e pentiti i Minturnesi liberarono l'uomo e gli fornirono gli aiuti per la fuga. L'episodio fu riecheggiato più volte dalla trattatistica locale e illustrato (1786) dal pittore francese Germain Jean Drouais. Il quadro è oggi esposto presso il Museo del Louvre.



  • Chi Siamo

    Progetto Turismo è un'associazione di promozione turistica senza fini di lucro. Attraverso la realizzazione di prodotti relativi ai settori del turismo, della cultura e della didattica, l'Associazione intende promuovere un nuovo modo di intendere il territorio su scala euro-mediterranea, costitutiva del patrimonio STORICO, CULTURALE, ARTISTICO, PAESAGGISTICO ED AMBIENTALE, come insostituibile fattore di crescita economica e culturale. Continua